L'impatto tra pro e contro dell'avanzata Ikea nello stivale
di Francesco de Augustinis
SINTESI
Nel 2011 Ikea ha iniziato una campagna di espansione in Italia, che porterà la multinazionale nei prossimi anni ad aprire tra i 10 e i 15 nuovi ipermercati in tutto il Paese, a partire da Catania (2011), Pescara (2012), Treviso e Perugia.
Ogni apertura di uno store Ikea comporta l'entusiasmo delle amministrazioni locali, che la considerano un'imperdibile occasione di sviluppo locale, e puntuali critiche di commercianti e produttori, che temono la concorrenza del colosso svedese.
SVILUPPO COMPONIBILE L'Ikea impiega in Italia 6243 dipendenti, a cui vano aggiunte circa 1800 persone che lavorano nell'indotto diretto dei negozi. Ma l'espansione del colosso ha un impatto soprattutto sul mercato del mobile, uno dei più tipici del “made in Italy”: da una parte, favorisce le ditte italiane che producono circa il 30 per cento delle merci Ikea vendute nel Paese; dall'altra, le ditte più piccole devono fare i conti con una sottrazione di fatturato a volte insostenibile.
ARTICOLO
ESTESO:
Qual'è l'impatto Ikea sull'economia delle regioni italiane e su quella del Paese? Nei prossimi anni Ikea progetta di aumentare notevolmente la propria presenza in Italia, aprendo tra i 10 e i 15 nuovi punti vendita in tutta la penisola, che si andranno ad aggiugere ai 19 centri già operativi da Milano a Bari, passando per Padova, Firenze, Roma e Napoli.
Dopo l'apertura di Catania e l'ampliamento di Milano-Carugate del 2011, nel 2012 la multinazionale aprirà a San Giovanni Teatino (Pescara) e a breve termine a Casale sul Sile (Treviso) e San Martino in Campo (Perugia) e poi a Verona e un secondo store nel torinese.
L'apertura di ogni punto vendita Ikea è accolta con estremo favore dalle amministrazioni locali, che la considerano grande motivo di sviluppo economico. A Torino, provincia e regione sono in prima linea per trovare aree industirali idonee, dirottando su questo fronte ingenti risorse comunitarie. A Perugia l'arrivo di Ikea è, per l'amministrazione comunale, “un'occasione imperdibile di rilancio dell'economia”, tanto che per favorire l'insediamento è stato tolto il vincolo ambientale da una zona protetta e si è siglato un accordo con i comuni limitrofi per creare condizioni favorevoli all'arrivo di altre multinazionali.
300 ADDETTI PER NEGOZIO Ma qual'è il vero impatto sul territorio di uno store Ikea? Ad ogni nuova apertura la domanda viene sollevata dai rappresentanti di commercianti e produttori locali di mobili, preoccupati per la concorrenza del colosso svedese, come l'Ascom-Confcommercio di Treviso, secondo cui “ogni assunto Ikea causa la perdita di 2,5 posti di lavoro”.
Secondo i dati forniti dall'azienda, ogni negozio Ikea impiega mediamente tra i 200 e i 300 occupati, più un “indotto diretto” di circa 80-100 persone che lavorano per le attività collegate, come gli addetti alle pulizie, i giardinieri, i carrellisti e i dipendenti delle ditte di trasporto convenzionate.
I FORNITORI ITALIANI A questa cifra Ikea ne aggiunge una seconda, “altre 2.500 unità sulla parte produttiva” in tutto il Paese, con riferimento alle ditte italiane che lavorano come fornitori.
Come il marketing Ikea sottolinea spesso, ditte italiane forniscono circa il 30 per cento (in termini di fatturato) dei prodotti in vendita nei 19 store italiani, l'8 per cento circa di quelli ventuti nel mondo intero. Secondo quanto riportato nell'ultimo bilancio della società, su 165 milioni di debiti verso i fornitori del 2010, 62 milioni sono destinati all'Italia, 14 milioni ad altri paesi Cee e i restanti 89 milioni a fornitori extraCee (in testa i paesi asiatici).
FORNITORI ITALIANI NEL NORDEST L'impatto Ikea sull'economia di una regione dipende dalla presenza nel tessuto locale di aziende che lavorano per Ikea come fornitori.
“La scelta delle aziende fornitrici in Italia è affidata ad una società apposita, Ikea Trading, che ha sede di fronte allo store di Milano Corsico”, spiega una dipendente di produzione Ikea. “La scelta dei produttori non c'entra ovviamente con l'apertura di nuovi negozi. Sono proprio società diverse che se ne occupano. (…) La scelta viene fatta tra le aziende che dimostrano maggiore convenienza, nel rispetto dell''Ikea Way'”, spiega ancora la dipendente, secondo cui i produttori sono concentrati tra nord e nordest dello stivale: “Considerato che qualsiasi prodotto Ikea prima di raggiungere un negozio passa per il deposito centrale a Piacenza, non è logisticamente utile avere fornitori in Sicilia”.
A livello territoriale, l'indotto di produzione quindi ricade in Triveneto, dove si producono cucine, o in Piemonte, dove pochi giorni fa una multinazionale brianzola che produce in Cina, Brasile e Slovacchia ha usufruito di incentivi regionali per aprire uno stabilimento da 200 addetti per produrre cassetti Ikea a Biella. Ma al contrario non ricade probabilmente in Sicilia, dove il nuovo store di Catania è schizzato subito al secondo posto nazionale per vendite, né in Umbria, dove la multinazionale ha dovuto promettere la realizzazione di un “corner” per i prodotti artigianali locali come le ceramiche di Deruta.
LA CONCORRENZA ALLE IMPRESE Sia a livello regionale che nazionale, l'impatto dell'espansione Ikea comporta un “costo concorrenza” per le impese locali. Nel caso dell'Umbria, ad esempio, la regione secondo Federmobili conta circa “300 imprese del mobile e dell'arredamento” con un fatturato complessivo di 288 milioni di euro e circa 2065 addetti. Stando al bilancio della società, un punto vendita Ikea fattura in media 86,3 milioni di euro.
La cifra, probabilmente inferiore a Perugia considerata la minore densità abitativa, andrebbe in buona parte ad erodere questo mercato, considerato il trend negativo dell'acquisto di mobili delle famiglie in Italia (-8,4 per cento), con le normali conseguenze occupazionali e di sviluppo economico. Con una semplice proporzione, una sottrazione di “soli” 50 milioni al mercato umbro potrebbe corrispondere alla chiusura di 52 ditte locali e alla perdita di 358 posti circa.
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