Wednesday, August 8, 2012

WTB: NO LOGO di Naomi Klein, il marketing del sistema economico globale

La quarta di copertina lo definisce la "bibbia di tutti i movimenti no global". Più che bibbia, forse il libro No Logo della giornalista canadese Noemi Klein può essere descritto come un'opera che, con passo carico di dtereminazione e uno "zaino" di idee politiche, tenta di addentrarsi nell'intricato mondo dei loghi, della comunicazione aziendale, della promozione e della pubblicità, proprio negli ultimi mesi di quegli anni novanta che segnavano il passaggio dalla fase industriale del '900 a quella della comunicazione globale.

Come mai dei prodotti vengono fabbricati in distretti industriali militarizzati nel sud est asiatico e poi importati con loghi di marche occidentali? Chi ha fissato le regole del mercato libero e globalizzato, che portano una oliva che ha fatto centinaia di chilometri a costare meno di quella cresciuta sull'albero dietro casa, che viene invece buttata? Cosa c'è dietro questo mercato globale governato dal marketing?

Ecco un'estratto all'introduzione dell'ultima edizione del fortunato volume della Klein, che in mezzo a trante interpretazioni ha il merito di riuscire a dare parziale risposta ad alcune di queste domande.

dal sito "Oltre il muro"


"Ho deciso di scrivere No logo quando mi sono resa conto che queste tendenze apparentemente distinte erano unite da un’idea: che le aziende debbano sfornare marchi, non prodotti. Era l’epoca in cui gli amministratori delegati avevano improvvise intuizioni: la Nike non è un’azienda che produce scarpe da ginnastica, ma l’idea della trascendenza attraverso lo sport. Starbucks non è una catena di caffetterie, è l’idea di comunità. Ma qui sul pianeta Terra, queste intuizioni hanno avuto conseguenze concrete.

Molte aziende che prima producevano nelle loro fabbriche e avevano tanti dipendenti a tempo indeterminato sono passate al modello Nike: hanno chiuso le fabbriche, affidato la produzione a una rete di appaltatori e subappaltatori e hanno investito nel design e nel marketing necessari a diffondere il più possibile la loro grande idea. Altre aziende hanno scelto invece il modello Microsoft: conservare un nucleo strettamente controllato di azionisti-dipendenti che gestiscono “l’attività centrale” dell’azienda ed esternalizzare tutto il resto, dalla gestione della posta alla scrittura del codice informatico, affidandolo a lavoratori precari. Alcuni le hanno chiamate hollow corporations, imprese vuote, perché queste aziende ristrutturate sembravano avere un unico obiettivo: trascendere il mondo fisico per trasformarsi in un marchio incorporeo. Come ha detto l’esperto di gestione aziendale Tom Peters: “È da stupidi possedere cose!”.

Mi piaceva studiare i marchi come Nike o Starbucks perché in un attimo ti ritrovavi a parlare di tutto tranne che di marketing: la deregolamentazione della produzione globale, l’agricoltura industriale, i prezzi delle materie prime. E da qui arrivavi al legame tra politica e denaro, che si era cementato in regole da far west grazie a una serie di accordi di libero scambio e al sostegno della Wto, al punto che attenersi a quelle regole è diventato il requisito indispensabile per ricevere i prestiti dal Fondo monetario internazionale. In poche parole, finivi per parlare di come funziona il mondo."

(Naomi Klein all'introduzione dell'edizione 2011 di No Logo, ed. Rizzoli)


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