Thursday, October 9, 2014
E' giusto che un biscotto costi così tanto? La questione Olio di Palma in un video Rai Expo
Quanto costa produrre Olio di Palma? "In poco più di vent'anni sono sparite oltre 12 milioni di ettari di foresta pluviale. (...) Tutto per produrre 50 milioni l'anno di olio di palma: un olio molto economico", che compone circa il 70 per cento della dicitura 'olii vegetali' che si può trovare quasi in tutti i prodotti industriali: cioccolata, dolci, caramelle, salsa, merendine, persino nei biscotti della colazione. E' giusto che un biscotto costi così tanto? Se lo chiede questo esauriente video siglato Rai Expo.
Friday, September 12, 2014
Ttip, il futuro del cibo in Europa nelle mani delle lobby?
Si scrive TTIP, si legge "Transatlantic Trade and Investment Partnershi", e si tratta dell'accordo di libero scambio che da ormai da più di un anno Europa e Stati Uniti stanno contrattando, con lo scopo di intensificare gli scambi commerciali e quindi aumentare l'export in entrambe le sponde dell'Atlantico.
"Aiutiamo piccole aziende, dando nuove opportunità ad imprese come la tua", si legge sul sito dell'Unione Europea che promuove il trattato.
Il TTIP come è noto è però anche al centro di aspre polemiche di associazioni per la tutela dei consumatori e di altre ambientaliste per vari fronti. Il gruppo di Ong che si occupa di salute e che si riunisce sotto la sigla Epha (European Public Health Alliance) ad esempio monitora da mesi tutte le notizie pubblicate dai media di tutto il mondo sullo stato di avanzamento delle trattative. Il timore è che con l'abbassamento delle barriere tariffarie (dazi) e non tariffarie (regolamenti a tutela di cittadini e consumatori), dietro il trattato possa celarsi una serie di liberalizzazioni potenzialmente minacciose per la salute, come -ad esempio- quella sugli Ogm, fino ad oggi sostanzialmente vietati in Europa e diffusi in America.
E' proprio il campo alimentare quello più delicato ed esposto alle nuove "liberalizzazioni", che potrebbero portare in Europa carni e altri prodotti di origine animale provenienti da allevamenti con standard piuttosto diversi e colture transgeniche.
Come ogni dibattito controverso che riguardi questo tipo di tematiche in Europa, anche per il TTIP giocano un ruolo fondamentale le lobby.
Secondo un articolo del giornale online di Legambiente "La Nuova Ecologia",
"Aiutiamo piccole aziende, dando nuove opportunità ad imprese come la tua", si legge sul sito dell'Unione Europea che promuove il trattato.
Il TTIP come è noto è però anche al centro di aspre polemiche di associazioni per la tutela dei consumatori e di altre ambientaliste per vari fronti. Il gruppo di Ong che si occupa di salute e che si riunisce sotto la sigla Epha (European Public Health Alliance) ad esempio monitora da mesi tutte le notizie pubblicate dai media di tutto il mondo sullo stato di avanzamento delle trattative. Il timore è che con l'abbassamento delle barriere tariffarie (dazi) e non tariffarie (regolamenti a tutela di cittadini e consumatori), dietro il trattato possa celarsi una serie di liberalizzazioni potenzialmente minacciose per la salute, come -ad esempio- quella sugli Ogm, fino ad oggi sostanzialmente vietati in Europa e diffusi in America.
E' proprio il campo alimentare quello più delicato ed esposto alle nuove "liberalizzazioni", che potrebbero portare in Europa carni e altri prodotti di origine animale provenienti da allevamenti con standard piuttosto diversi e colture transgeniche.
Come ogni dibattito controverso che riguardi questo tipo di tematiche in Europa, anche per il TTIP giocano un ruolo fondamentale le lobby.
Secondo un articolo del giornale online di Legambiente "La Nuova Ecologia",
Su 560 incontri diplomatici – è descritto nel rapporto Who lobbies most on Ttip? – il 92% ha visto come interlocutori del dipartimento per il Commercio della Commissione rappresentanti del mondo del business. Solo nel 4% dei casi dall’altra parte della scrivania si sono seduti gruppi di pressione che difendono l’interesse pubblico. In sostanza, il dipartimento per il Commercio sta scrivendo il trattato a quattro mani con i lobbisti delle multinazionali, tenendo fuori dai giochi le organizzazioni che hanno a cuore le sorti della cittadinanza. Le conseguenze possono essere preoccupanti: basti pensare che nessun settore ha fatto pressioni quanto quello agricolo, con il rischio di aprire i confini europei a semi geneticamente manipolati e animali provenienti da allevamenti intensivi.
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Monday, August 4, 2014
Effetto benessere, consumo di carne bovina in crescita vertiginosa in Cina
La carne bovina e di vitello è divenuta uno dei settori merceologici più performanti in Cina nel 2013, con un volume di crescita di oltre il 5 per cento che ha guidato la crescita complessiva del settore carni nel paese, che si è attestata al 3 per cento. Secondo i dati Euromonitor, tra il 2008 e il 2013 la carne bovina e di vitello sono state protagoniste di una crescita di oltre il 30 per cento, doppia rispetto alla crescita della carne di maiale e superiore del nove per cento rispetto a quella di pollo.
Secondo l'osservatorio Global Meat News, "la popolarità della carne bovina in Cina è stata foraggaita da diversi fattori. Prima di tutto, l'aspirazione dei consumatori della classe media Cinese di passare al consumo di carni più "prestigiose", come la carne bovina. Questa è infatti considerata di maggiore qualità della carne di maiale -che ad oggi ha un consumo otto volte maggiore nel paese- e più "salutare" e magra. Anche il fatto che maiale e pollame sono stati frequentemente al centro di scandali e malattie ha indubbiamente contribuito a solidificare la maggiore "appetibilità" della carne bovina in Cina.
In risposta a questo trend, secondo lo stesso osservatorio, dal 2008 al 2013 la produzione di carne bovina è cresciuta da 6 milioni di tonnellate a 7 milioni di tonnellate.
Secondo l'osservatorio Global Meat News, "la popolarità della carne bovina in Cina è stata foraggaita da diversi fattori. Prima di tutto, l'aspirazione dei consumatori della classe media Cinese di passare al consumo di carni più "prestigiose", come la carne bovina. Questa è infatti considerata di maggiore qualità della carne di maiale -che ad oggi ha un consumo otto volte maggiore nel paese- e più "salutare" e magra. Anche il fatto che maiale e pollame sono stati frequentemente al centro di scandali e malattie ha indubbiamente contribuito a solidificare la maggiore "appetibilità" della carne bovina in Cina.
In risposta a questo trend, secondo lo stesso osservatorio, dal 2008 al 2013 la produzione di carne bovina è cresciuta da 6 milioni di tonnellate a 7 milioni di tonnellate.
Saturday, May 31, 2014
Una persona su otto al mondo soffre la fame
Sono 842 milioni, ovvero un ottavo della popolazione mondiale, le persone che vivono in condizioni estreme di fame e povertà, secondo i dati diffusi lo scorso mercoledì in occasione della giornata mondiale contro la fame nel mondo dall'associazione inglese The Hunger Institute.
"La fame uccide più dell'AIDS, della malaria e della tubercolosi insieme. Milioni di donne, uomini e bambini muoiono ogni anno a causa della fame cronica. Almeno DUE milioni sono bambini".
Secondo l'associazione, solo il 10 per cento di questi casi sono dovuti a crisi i a emergenze di vario tipo (guerre, alluvioni, terremoti), mentre il restante 90 per cento è dovuto ad una situazione persistente di scarso accesso alle risorse, in particolare in Africa, Asia Meridionale e America Latina.
"La fame uccide più dell'AIDS, della malaria e della tubercolosi insieme. Milioni di donne, uomini e bambini muoiono ogni anno a causa della fame cronica. Almeno DUE milioni sono bambini".
Secondo l'associazione, solo il 10 per cento di questi casi sono dovuti a crisi i a emergenze di vario tipo (guerre, alluvioni, terremoti), mentre il restante 90 per cento è dovuto ad una situazione persistente di scarso accesso alle risorse, in particolare in Africa, Asia Meridionale e America Latina.
Monday, May 19, 2014
Tutti i numeri sulla sofisticazione della mozzarella di bufala in Italia
Nuove indagini portano a galla di continuo nuoveprove di un business legato al latte di bufala contraffatto o proveniente dall'Est Europa ed utilizzato in alcuni caseifici per la produzione di Mozzarella Dop.
Ecco alcuni numeri:
"Approfittando di alcuni dati inediti Istat sul latte bufalino consegnato ai caseifici in tutta Italia dal 2010 al 2012, possiamo dare una stima delle dimensioni della sofisticazione nella filiera del dop. Secondo i dati degli organismi ministeriali di controllo, elaborati da Ismea, nel 2012 sono state prodotte 37,122 tonnellate di mozzarella di bufala dop. Secondo quanto prescritto dallo stesso disciplinare, per fare 1 chilo di mozzarella devono essere tassativamente utilizzati 4 litri di latte bufalino (la media è di 4,2 litri). Il che vuol dire che solo gli 89 produttori appartenenti al consorzio dop devono aver utilizzato almeno 148,488 mila litri di latte bufalino. Secondo l’Istat, in Italia nello stesso anno sono stati consegnati a tutti i caseifici (sia dop che non dop, per la produzione di mozzarella o di altri prodotti come la ricotta, la provola affumicata, lo yogurt, ecc.) 186,849 litri di latte bufalino complessivamente. Di questi, dall’area dop vengono 179,522 litri.
Un quantitativo in grado di soddisfare tutta la domanda dei caseifici dop, non fosse che questo dato include anche il latte consegnato agli altri circa 160 caseifici di piccole e grandi dimensioni, non appartenenti al consorzio, che producono mozzarella di bufala nella sola Campania. Una quantità di produttori che, pur considerando una minore presenza nella grande distribuzione, potrebbero produrre ipoteticamente dalle 20 alle 30mila tonnellate annue, ovvero utilizzare come minimo altri 80mila litri di latte bufalino (in questo caso il rapporto 4 litri per 1 chilo può essere relativamente più flessibile). Lasciando ombre e interrogativi sull’origine di almeno 40mila litri di latte necessari alla produzione totale."
Leggi l'articolo integrale su Linkiesta: http://www.linkiesta.it/mozzarella-bufala-sofisticazione
Ecco alcuni numeri:
"Approfittando di alcuni dati inediti Istat sul latte bufalino consegnato ai caseifici in tutta Italia dal 2010 al 2012, possiamo dare una stima delle dimensioni della sofisticazione nella filiera del dop. Secondo i dati degli organismi ministeriali di controllo, elaborati da Ismea, nel 2012 sono state prodotte 37,122 tonnellate di mozzarella di bufala dop. Secondo quanto prescritto dallo stesso disciplinare, per fare 1 chilo di mozzarella devono essere tassativamente utilizzati 4 litri di latte bufalino (la media è di 4,2 litri). Il che vuol dire che solo gli 89 produttori appartenenti al consorzio dop devono aver utilizzato almeno 148,488 mila litri di latte bufalino. Secondo l’Istat, in Italia nello stesso anno sono stati consegnati a tutti i caseifici (sia dop che non dop, per la produzione di mozzarella o di altri prodotti come la ricotta, la provola affumicata, lo yogurt, ecc.) 186,849 litri di latte bufalino complessivamente. Di questi, dall’area dop vengono 179,522 litri.
Un quantitativo in grado di soddisfare tutta la domanda dei caseifici dop, non fosse che questo dato include anche il latte consegnato agli altri circa 160 caseifici di piccole e grandi dimensioni, non appartenenti al consorzio, che producono mozzarella di bufala nella sola Campania. Una quantità di produttori che, pur considerando una minore presenza nella grande distribuzione, potrebbero produrre ipoteticamente dalle 20 alle 30mila tonnellate annue, ovvero utilizzare come minimo altri 80mila litri di latte bufalino (in questo caso il rapporto 4 litri per 1 chilo può essere relativamente più flessibile). Lasciando ombre e interrogativi sull’origine di almeno 40mila litri di latte necessari alla produzione totale."
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Tuesday, May 13, 2014
Come il marketing promuove la carne e i prodotti di origine animale
"Il potere dell'ignoranza volontaria non ha limiti". In questo video dagli incontri digitali eTalks, un'esperta di marketing spiega su quali leve si basa il meccanismo del marketing che permette all'industria animale di vendere prodotti di filiera industriale sotto le fantasiose spoglie di "consigliato dal macellaio" o "100 per cento naturale".
Il video, nella versione promossa dal movimento Compassion in World Farming (ENG):
Il video, nella versione promossa dal movimento Compassion in World Farming (ENG):
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Thursday, May 8, 2014
Arance di Sicilia IGP. Dal produttore al consumatore, rincari del 10.000 per cento
Un esempio piuttosto sorprendente di come il passaggi di filiera possano danneggiare i produttori locali, che lavorano la terra, e favorire la piccola, media e soprattutto grande distribuzione, ponendo le basi per prezzi insostenibili di produzione e quindi sofisticazione, prodotti importati dall'estero e via dicendo.
Secondo un inchiesta del quotidiano La Sicilia, le Arance Rosse di Sicilia IGP sono acquistate in campagna a 0,15 euro al chilo e vendute al prezzo finale di 3 euro per una spremuta (in bicchiere da circa 20 cl) in Autogrill, con un ricarico del 10.000%.
«È necessario verificare e controllare cosa succede in tutti i passaggi ed ottenere accordi equi nell'interesse dei produttori e consumatori. Sono anni che questa forbice pesa sui nostri agrumicoltori costretti a svendere il prodotto che invece potrebbe servire proprio per incentivare il consumo di spremute», sostengono il presidente e il direttore della Coldiretti regionale, Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione. La richiesta dei rappresentanti dei produttori: «Bisogna incentivare il consumo di spremute a prezzi equi perché sono evidenti le speculazioni nell'ambito della filiera agrumicola».
Secondo un inchiesta del quotidiano La Sicilia, le Arance Rosse di Sicilia IGP sono acquistate in campagna a 0,15 euro al chilo e vendute al prezzo finale di 3 euro per una spremuta (in bicchiere da circa 20 cl) in Autogrill, con un ricarico del 10.000%.
«È necessario verificare e controllare cosa succede in tutti i passaggi ed ottenere accordi equi nell'interesse dei produttori e consumatori. Sono anni che questa forbice pesa sui nostri agrumicoltori costretti a svendere il prodotto che invece potrebbe servire proprio per incentivare il consumo di spremute», sostengono il presidente e il direttore della Coldiretti regionale, Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione. La richiesta dei rappresentanti dei produttori: «Bisogna incentivare il consumo di spremute a prezzi equi perché sono evidenti le speculazioni nell'ambito della filiera agrumicola».
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Monday, April 28, 2014
Rana Plaza: ecco i marchi che producevano nello stabilimento killer
"È trascorso un anno dal crollo del Rana Plaza in Bangladesh - edificio di otto piani che ospitava aziende fornitrici di molte multinazionali del tessile - che
ha seppellito 1.138 persone e ne ha lasciate ferite oltre duemila.
Dodici mesi dopo, ancora non sono stati stanziati adeguati risarcimenti.
(...)
La richiesta è che i marchi che ancora si rifiutano di contribuire al fondo facciano dei versamenti significativi e in tempi rapidi. Non solo le italiane Benetton, Manifattura Corona e Yes Zee, ma anche Adler Modermarkte, Ascena Retail, Auchan, Carrefour, Cato Fashions, Grabalok, Gueldenpfennig, Iconix (Lee Cooper), J C Penney, Kids for Fashion, Matalan, NKD e PWT (Texman). Tutte aziende che avevano produzioni al Rana Plaza durante il crollo e poco prima.
Leggi l'articolo integrale sul notiziario del Redattore Sociale a Vai all'articolo integrale.
(...)
La richiesta è che i marchi che ancora si rifiutano di contribuire al fondo facciano dei versamenti significativi e in tempi rapidi. Non solo le italiane Benetton, Manifattura Corona e Yes Zee, ma anche Adler Modermarkte, Ascena Retail, Auchan, Carrefour, Cato Fashions, Grabalok, Gueldenpfennig, Iconix (Lee Cooper), J C Penney, Kids for Fashion, Matalan, NKD e PWT (Texman). Tutte aziende che avevano produzioni al Rana Plaza durante il crollo e poco prima.
Leggi l'articolo integrale sul notiziario del Redattore Sociale a Vai all'articolo integrale.
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Thursday, April 10, 2014
Ngo, villaggi e multinazionali: confronto serrato tra industria dell'olio di palma e sopravvivenza in Nigeria
Friends of Earth Nigeria ha messo in guardia lo stato regionale dell'Edo dal perseguire il progetto di locazione di oltre 410mila ettari di foresta, attualmente a disposizione di alcune comunità locali, ad un gruppo di multinazionali, senza alcun consenso dalle comunità la cui sopravvivenza attualmente dipende da questi territori.
Le multinazionali coinvolte, che andrebbero a trarre beneficio dall'accordo, sono la Okomu Oil Palm Plc (parte del Socfin Group), che ha già nel suo portafoglio oltre 30mila ettari dedicati all'espansione di coltivazione di olio di palma, il Dangote Group, che dovrebbe ottenere 50mila ettari da dedicare alla produzione di riso, e la United Food Industries Ltd, parte dell'indonesiano Salim Group, che dovrà prendere possesso di altri 60mila ettari. Il Salim Group ha alle spalle una lunga serie di operazioni che hanno comportato situazioni di conflitto con le comunità locali in diverse aree in cui opera, in particolare in Indonesia ed in alcune zone dell'Africa.
(Articolo di Friends of Earth / Era, pubblicato su Farmlandgrab.org. Leggi tutto su http://farmlandgrab.org/post/view/23364 ENG)
Le multinazionali coinvolte, che andrebbero a trarre beneficio dall'accordo, sono la Okomu Oil Palm Plc (parte del Socfin Group), che ha già nel suo portafoglio oltre 30mila ettari dedicati all'espansione di coltivazione di olio di palma, il Dangote Group, che dovrebbe ottenere 50mila ettari da dedicare alla produzione di riso, e la United Food Industries Ltd, parte dell'indonesiano Salim Group, che dovrà prendere possesso di altri 60mila ettari. Il Salim Group ha alle spalle una lunga serie di operazioni che hanno comportato situazioni di conflitto con le comunità locali in diverse aree in cui opera, in particolare in Indonesia ed in alcune zone dell'Africa.
(Articolo di Friends of Earth / Era, pubblicato su Farmlandgrab.org. Leggi tutto su http://farmlandgrab.org/post/view/23364 ENG)
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Thursday, March 27, 2014
Cina e Olanda, accordo record tra colossi dell'agroindustria
Un'accordo record tra una corporazione cinese e un colosso olandese dell'agribusiness segna un nuovo, sostanziale, passo dell'economia cinese nel settore agroalimentare europeo.
"La cinese COFCO Corp.e l'olandese Nidera hanno firmato il 23 marzo un accordo con il quale la COFCO rileva il 51% di Nidera e avvia una cooperazione strategica tra i due colossi dell'agrindustria. Si tratta del più grande accordo di cooperazione mai siglato tra due imprese di questi paesi, raggiunto proprio durante la prima visita ufficiale del presidente cinese Xi Jinping in Olanda.
(...) L'accordo segna anche la più grande acquisizione internazionale nella storia dell'agroindustria cinese. COFCO e Nidera apriranno dei canali e sistemi di cooperazione in ambiti come il mercato dei seminativi.
(...) La soia, il grano e il granturco sono i principali asset trattati da Nidera. Grazie al possesso di un ricco bacino di seminativi e di materiale genetico, la Nidera ha sviluppato partnership con realtà agricole di tutto il mondo, fornendo semi, fertilizzante e prodotti agricoli chimici. Dal dicembre 2013, Nidera vanta 62 filiali e oltre 3700 dipendenti, facendo import export in almeno 18 paesi.
L'articolo completo su: http://farmlandgrab.org/post/view/23309
"La cinese COFCO Corp.e l'olandese Nidera hanno firmato il 23 marzo un accordo con il quale la COFCO rileva il 51% di Nidera e avvia una cooperazione strategica tra i due colossi dell'agrindustria. Si tratta del più grande accordo di cooperazione mai siglato tra due imprese di questi paesi, raggiunto proprio durante la prima visita ufficiale del presidente cinese Xi Jinping in Olanda.
(...) L'accordo segna anche la più grande acquisizione internazionale nella storia dell'agroindustria cinese. COFCO e Nidera apriranno dei canali e sistemi di cooperazione in ambiti come il mercato dei seminativi.
(...) La soia, il grano e il granturco sono i principali asset trattati da Nidera. Grazie al possesso di un ricco bacino di seminativi e di materiale genetico, la Nidera ha sviluppato partnership con realtà agricole di tutto il mondo, fornendo semi, fertilizzante e prodotti agricoli chimici. Dal dicembre 2013, Nidera vanta 62 filiali e oltre 3700 dipendenti, facendo import export in almeno 18 paesi.
L'articolo completo su: http://farmlandgrab.org/post/view/23309
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Thursday, March 20, 2014
Il land grabbing secondo i traders e i grandi investitori Europei
"Carl Heinrich Bruhn è un uomo d'affari tedesco, che ha speso la sua carriera nell'ndustria agroalimentare europea.
Nel 2011 ha fondato una sua azienda, la Amatheon Agri. La società è riuscita ad attrarre rapidamente imprenditori di alto profilo, come l'ex dirigente di Unilever Africa Frank Breaken, che ha preso l'incarico di responsabile investimenti (CIO)
L'azienda tedesca ha già investito €30m in progetti agricoli in Zambia e Uganda, e prevede di spenderne altri €350m nei prossimi due anni in altri stati Africani, come il Ghana e il Mozambico.
Il primo investimento della società è stato in Zambia, dove ha acquistato oltre 30,000 ettari di terra, collocati a 200 km a ovest della capitale Lusaka.
Qui l'Amatheon coltiva soia, mais e grano, mentre sta rapidamente espendendo l'attività sulla zootecnia.
(Leggi l'articolo originale su http://farmlandgrab.org/post/view/23286#sthash.E1d0CbBn.dpuf ENG)
Nel 2011 ha fondato una sua azienda, la Amatheon Agri. La società è riuscita ad attrarre rapidamente imprenditori di alto profilo, come l'ex dirigente di Unilever Africa Frank Breaken, che ha preso l'incarico di responsabile investimenti (CIO)
L'azienda tedesca ha già investito €30m in progetti agricoli in Zambia e Uganda, e prevede di spenderne altri €350m nei prossimi due anni in altri stati Africani, come il Ghana e il Mozambico.
Il primo investimento della società è stato in Zambia, dove ha acquistato oltre 30,000 ettari di terra, collocati a 200 km a ovest della capitale Lusaka.
Qui l'Amatheon coltiva soia, mais e grano, mentre sta rapidamente espendendo l'attività sulla zootecnia.
(Leggi l'articolo originale su http://farmlandgrab.org/post/view/23286#sthash.E1d0CbBn.dpuf ENG)
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Tuesday, March 18, 2014
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, 20 anni dopo
"I taccuini su cui Ilaria aveva preso degli
appunti, per esempio. In uno c'erano scritte molte cose: i 1400
miliardi di lire della Cooperazione italiana; la strada Garore-Bosaso,
fatta sempre dalla nostra Cooperazione; il nome di Mugne, l'armatore di
una flottiglia italo-somala; quello di Marocchino, l'imprenditore che
gestiva l'approvvigionamento delle nostre truppe. Ilaria indagava sul
traffico di rifiuti e cercava risposte sullo scandalo che coinvolgeva il
nostro ministero degli Esteri, quello della Difesa, i nostri Servizi,
le società coinvolte nello scambio armi-rifiuti. Noi fomentavamo una
guerra che eravamo andati a placare. Lo scandalo era enorme. Soprattutto
in quell'epoca. Oggi siamo abituati a tutto...".
"Mia figlia era stata per sette volte in Somalia. Aveva chiesto di restare ancora qualche giorno. Voleva andare al sud, a Kysmaio. Un altro porto. Nelle sue indagini c'erano sempre dei porti. Tutto porta alla stessa evidenza: mia figlia indagava sul traffico di armi in cambio dei rifiuti. Armi trasportate dai nostri aerei militari, gli Hercules C-130, senza insegne. Quelli visti, secondo testimoni, da Rostagno sulla pista clandestina vicino a Trapani. Quelli di cui Ilaria, probabilmente, aveva parlato con Li Causi"
Intervista a Luciana Alpi, la madre di Ilaria Alpi, giornalista del Tg3 della Rai uccisa a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 assieme all'operatore Miran Hrovatin. L'intervista completa su Repubblica.it
La vicenda di Ilaria Alpi è stata abilmente ricostruita e attualizzata da Paul Moreira nel documentario Toxic Somalia, che racconta una storia emblematica sul passato del nostro Paese.
"Mia figlia era stata per sette volte in Somalia. Aveva chiesto di restare ancora qualche giorno. Voleva andare al sud, a Kysmaio. Un altro porto. Nelle sue indagini c'erano sempre dei porti. Tutto porta alla stessa evidenza: mia figlia indagava sul traffico di armi in cambio dei rifiuti. Armi trasportate dai nostri aerei militari, gli Hercules C-130, senza insegne. Quelli visti, secondo testimoni, da Rostagno sulla pista clandestina vicino a Trapani. Quelli di cui Ilaria, probabilmente, aveva parlato con Li Causi"
Intervista a Luciana Alpi, la madre di Ilaria Alpi, giornalista del Tg3 della Rai uccisa a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 assieme all'operatore Miran Hrovatin. L'intervista completa su Repubblica.it
La vicenda di Ilaria Alpi è stata abilmente ricostruita e attualizzata da Paul Moreira nel documentario Toxic Somalia, che racconta una storia emblematica sul passato del nostro Paese.
Thursday, March 6, 2014
Etichettatura del pesce. In Italia uno su tre è un falso?
Sorprende un dato emerso da un recente studio che ha comparato il quantitativo di "falso pesce" venduto nei banchi dei supermercati o di pescherie in Europa.
"Secondo quanto emerso nella ricerca, il tasso di frodi nella vendita di pesce marino è più alto in altri paesi europei, tra cui il 32per cento del totale in Italia, il 30 per cento di tutto il nasello in Spagna e il 19 per cento del merluzzo in Irlanda - mentre la Francia ha registrato solo un tasso di frondi del 3,5 per cento. Il Regno Unito ha evidenziato tassi simili del 6 per cento".
L'articolo integrale (eng) a questo link: http://www.worldfishing.net/news101/industry-news/fish-labelling-fraud-uncovered#sthash.wYSod8WF.dpuf
Nel video, una puntata del programma francese Envoyé Special dedicato al commercio industriale del pesce. Ecco il link al video sul sito della trasmissione: http://www.francetvinfo.fr/sante/video-envoye-special-poissons-d-elevage-un-business-en-eaux-troubles_452510.html
"Secondo quanto emerso nella ricerca, il tasso di frodi nella vendita di pesce marino è più alto in altri paesi europei, tra cui il 32per cento del totale in Italia, il 30 per cento di tutto il nasello in Spagna e il 19 per cento del merluzzo in Irlanda - mentre la Francia ha registrato solo un tasso di frondi del 3,5 per cento. Il Regno Unito ha evidenziato tassi simili del 6 per cento".
L'articolo integrale (eng) a questo link: http://www.worldfishing.net/news101/industry-news/fish-labelling-fraud-uncovered#sthash.wYSod8WF.dpuf
Nel video, una puntata del programma francese Envoyé Special dedicato al commercio industriale del pesce. Ecco il link al video sul sito della trasmissione: http://www.francetvinfo.fr/sante/video-envoye-special-poissons-d-elevage-un-business-en-eaux-troubles_452510.html
Monday, March 3, 2014
Slow Food contro il consumo di salmone da allevamenti intensivi
"600 000 salmoni che nuotano in
una zuppa di muco ed escrementi alimentano le mutazioni di agenti
patogeni che si diffondono dallAtlantico fino al nostro supermercatino
sotto casa".
Dai rischi di malattie, all'impatto sull'ecosistema, persino tralasciando qualsiasi considerazione sul benessere animale. SlowFood Italia scrive sul suo sito la lista di "10 buoni motivi" per evitare il consumo di salmone proveniente da allevamenti intensivi. Come al solito, un mondo ignoto ai più, che si limitano a comprare sushi o salmone confezionato a buon mercato, del tutto ignari della provenienza.
Ecco l'articolo originale: http://www.slowfood.it/sloweb/3be6aa390c24a533d2cda1295389b52b/10-buoni-motivi-per-cui-non-mangiamo-salmone
Nel video invece, un servizio del 2009 della BBC in cui il giornalista John Craven mostra alcune realtà di allevamenti intensivi di salmone in Scozia.
Dai rischi di malattie, all'impatto sull'ecosistema, persino tralasciando qualsiasi considerazione sul benessere animale. SlowFood Italia scrive sul suo sito la lista di "10 buoni motivi" per evitare il consumo di salmone proveniente da allevamenti intensivi. Come al solito, un mondo ignoto ai più, che si limitano a comprare sushi o salmone confezionato a buon mercato, del tutto ignari della provenienza.
Ecco l'articolo originale: http://www.slowfood.it/sloweb/3be6aa390c24a533d2cda1295389b52b/10-buoni-motivi-per-cui-non-mangiamo-salmone
Nel video invece, un servizio del 2009 della BBC in cui il giornalista John Craven mostra alcune realtà di allevamenti intensivi di salmone in Scozia.
Tuesday, February 11, 2014
Quello che c'è nel cibo e le false etichette
Un anno dopo lo scandalo che ha scosso l'Europa della carne di cavallo, spacciata per bovina e usata per produrre lasagne industriali, nei giorni scorsi un gruppo di ricerca inglese ha portato a termine una verifica di un grande campione di prodotti alimentari da supermercato, rilevando che "almeno un terzo erano etichettati in modo inaccurati a livelli pericolosi.
"I risultati di oltre 900 test degli analisti alimentari al West Yorkshire Analytical Services hanno evidenziato che il 38 per cento dei cibi erano etichettati male o non erano quello che sostenevano di essere. Il gruppo di ricercatori, finanziati da alcuni consigli regionali inglesi, hanno scovato problemi rilevanti, come della mozzarella che era formaggio solo al 50 per cento, del prosciutto utilizzato su delle pizze congelate che era fatto con carne di pollo e agenti chimici e gamberi che erano per il 50 per cento acqua.
La ricerca ha anche scovato del macinato di manzo che conteneva carne di maiale e pollame, mentre ha scoperto che un té "dimagrante" non era davvero té, né un qualche tipo di tisana, ma conteneva alti livelli di un farmaco dimagrante."
"I risultati di oltre 900 test degli analisti alimentari al West Yorkshire Analytical Services hanno evidenziato che il 38 per cento dei cibi erano etichettati male o non erano quello che sostenevano di essere. Il gruppo di ricercatori, finanziati da alcuni consigli regionali inglesi, hanno scovato problemi rilevanti, come della mozzarella che era formaggio solo al 50 per cento, del prosciutto utilizzato su delle pizze congelate che era fatto con carne di pollo e agenti chimici e gamberi che erano per il 50 per cento acqua.
La ricerca ha anche scovato del macinato di manzo che conteneva carne di maiale e pollame, mentre ha scoperto che un té "dimagrante" non era davvero té, né un qualche tipo di tisana, ma conteneva alti livelli di un farmaco dimagrante."
Thursday, January 23, 2014
Food Inc
"Quello che proprio non immaginavo è l'esistenza di un mondo di cui siamo deliberatamente tenuti all'oscuro". Eric Schlosser, giornalista, autore di "Fast Food Nation", in "Food Inc", imperdibile (anche se molto duro) film documentario sull'industria del cibo.
Qui nella versione in italiano:
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